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Comunicato post elezioni universitarie

NON VI SONO BASTATI NE’ I SOLDI DEL PAPA NE’ I SOLDI DEL PAPI!

La lista del Collettivo d’Agraria è risultata la più votata nella nostra facoltà alle ultime elezioni studentesche, distaccando di gran lunga le altre due liste presenti, abbiamo infatti ottenuto 3 seggi su 4 nel consiglio di scuola di agraria, l’unico organo nel quale abbiamo deciso di presentarci.

Ancora una volta vince un modo di fare politica diametralmente opposto a quello dei partiti o di altri poteri forti, rispecchiati nell’università da certe liste che magicamente compaiono solo in vista delle elezioni per cercare di occupare qualche poltrona da scaldare per conto dei loro capi e padroni. il nostro modo di fare politica infatti non è quello tradizionale fatto di interessi personali e false promesse, ma quello di portare avanti lotte e rivendicazioni dal basso, nell’università come nelle piazze.

Per noi fare politica è una pratica quotidiana che si rispecchia in ogni cosa, e fare politica in un’università è prima di tutto vivere in pieno questo luogo, e conseguentemente plasmarlo secondo quelli che sono i bisogni degli studenti. Questo lo abbiamo realizzato, e continueremo a farlo, attraverso l’autogestione dell’Aula Murales, le decine di incontri, assemblee, iniziative, pranzi e feste che negli ultimi anni abbiamo fatto, perché l’università prima che essere un luogo in cui si forma lo studente deve essere un luogo in cui si forma la persona. Questo è quello che proviamo a fare, dare stimoli, produrre riflessioni, creare reti e rapporti umani, che il sistema formativo universitario certamente non riesce a dare.

I rappresentanti eletti del Collettivo sono: Alice Beni, Francesco Andriola e Gil Bastreghi.

Ringraziamo tutti gli studenti che ci hanno votato, e quelli che non sono andati a votare ma che ci supportano, ricordando infine che non è con un voto che si cambiano le cose, ma con la volontà e la pratica quotidiana, per questo vi invitiamo a partecipare attivamente al collettivo!

Le assemblea del collettivo si tengono attualmente ogni lunedì pomeriggio alle 16:30 in aula murales!

Collettivo d’Agraria Firenze

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Guida Collettivo 2012-13

Scaricabile in pdf la guida del Collettivo aggiornata!

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A proposito dei fatti di Piazza Dalmazia…

Un nuovo, ennesimo dramma è andato in scena a Firenze, il 13 dicembre, nel corso della strage razzista che è costata la vita a due migranti senegalesi ed il ricovero ospedaliero per altri tre, colpiti dalla pistola di un fascista appartenente a CasaPound. Ripercorrere la dinamica dei fatti adesso è superfluo, quando tutti o quasi ormai conoscono il loro svolgersi cronologico. Al dì là dei fiumi di lacrime di coccodrillo, che hanno fatto rivivere a Firenze una moderna alluvione, non è necessario un grande sforzo di immaginazione per trasformare la tragedia in vittoria, il sangue in vino con cui brindare. Basta un briciolo di fantasia, basta immedesimarsi in coloro che da anni fomentano le folle, ungendo e perfezionando i crudeli ingranaggi della xenofobia. Hanno vinto i professionisti dell’odio, i divulgatori di menzogne, i burattinai della paura. Dovrebbero sorridere soddisfatti i neofascisti di CasaPound, trasformisti ridicoli pronti ad affermare tutto e il suo contrario in nome dell’opportunismo; dovrebbero sorridere quei partiti politici che da anni racimolano consensi speculando sulle fobie, così come quelli che fanno orecchie da mercante di fronte alle critiche a tale meccanismo; dovrebbero sorridere le istituzioni fiorentine, impegnate anima e corpo in una crociata contro i venditori abusivi, con la complicità dei bottegai del centro storico; dovrebbero sorridere i giornalisti, dato che, per una volta, la realtà è riuscita a superare il loro isterico e pericoloso sensazionalismo.

Dal loro punto di vista il gesto di Casseri non può che essere visto come l’epilogo di una commedia, come il coronamento di uno sforzo, come la legittimazione del proprio successo. Che lascino quindi ad altri lacrime che non gli appartengono.

Dal nostro punto di vista, quello di chi quotidianamente vive e pratica l’antirazzismo, lo stesso gesto riveste altri significati, racconta altre storie, stimola riflessioni amare, che vanno oltre le necessarie rivendicazioni relative alla chiusura dei covi fascisti.

Nell’Italia attuale è prassi classificare le manifestazioni sociali più estreme come gesti commessi da folli, deviati, criminali, teppisti. L’Italia attuale è diventata una professionista nel darsi una ripulita alla coscienza quando serve, lavandosi nel frattempo entrambe le mani. All’appropriazione collettiva dei meriti corrisponde in egual misura la privatizzazione delle colpe, intesa come esasperazione della responsabilità individuale, disconnessa in ogni suo aspetto dalla società che genera gli individui e quindi anche i potenziali colpevoli. Attraverso questo meccanismo, di fatto simile ad un’autoassoluzione, la comunità si riproduce serena, inconsapevole di includere nel proprio patrimonio genetico anomalie in continua espansione. Quando le deformità finalmente si manifestano, ecco gridare tutti “al mostro”, e ostentare sgomenta meraviglia di fronte ad atteggiamenti apparentemente imprevedibili. Ma la meraviglia è spesso figlia dell’incoscienza. Il deserto sociale e culturale che ci ospita si nasconde infatti dietro impalcature tetre, ornate di belle parole, benessere e luci di natale. Dietro di esse si cela il nulla, popolato da fantasmi che dal nulla vengono e nulla di sensato hanno da dire. I fantasmi del fascismo e della xenofobia sono appunto due di essi, che solo nell’assenza riescono a prosperare e sedurre, solo in mancanza di altro riescono a fungere da fondamenta per castelli di carte mentali come quelli di Casseri. La politica istituzionale è la prima responsabile, è il vento arido che in nome del controllo sulla popolazione, legato a preferenze elettorali e falsa sicurezza, sta prosciugando quel poco del patrimonio umano che ancora è nelle nostre mani. Nel corso degli anni, la guerra dichiarata a socialità e cultura dal potere economico e politico ha creato una vera e propria epoca del nulla, nella quale, di conseguenza, chiunque può costruirsi la propria esaltata e insensata legittimità. Come CasaPound, appunto, che continua purtroppo a crescere con la connivenza istituzionale.

La reazione deve perciò muoversi su un altro piano, che non sia solo quello dello scontro frontale, in ogni caso doveroso. Oggi tocca a CasaPound, ma domani avremo di fronte qualcun altro se non saremo dotati di anticorpi in grado di disinnescare la malattia. Si tratta di muoversi in questo grande vuoto componendo reti di socialità e resistenza, erigendo roccaforti antifasciste e antirazziste in grado di arginare l’offensiva, o più semplicemente vivendo la strada, toccando con mano una realtà che ci viene sempre più spesso raccontata da terzi. In questo senso qualche barlume di speranza si intravede all’orizzonte, almeno nel campo delle battaglie antirazziste. Nonostante politiche migratorie restrittive e criminalizzanti, nonostante campagne mediatiche fondate sull’odio, le comunità stanno vivendo un processo di meticciamento lento ma costante, con cui anche le frange politiche più intransigenti dovranno fare i conti. Sul lungo periodo probabilmente il colore della pelle ed il concetto stesso di razza perderanno il carattere discriminante che hanno avuto fino ad oggi: il pericolo è quindi che il razzismo si reinventi e si riproponga sotto altre forme, che prescindono da appartenenze etniche e provenienze geografiche. Sta a noi non permettere che ciò avvenga.

 

Collettivo d’Agraria

 

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Riflessioni sulla criminalizzazione del movimento

5 arresti domiciliari, 17 obblighi di firma, 22 abitazioni perquisite all’alba, 78 indagati, 7 dei quali ritenuti appartenenti ad un’associazione a delinquere, fulcro di tutta l’inchiesta: questo il bilancio, sbattuto a tempo di record su tutti i maggiori canali d’informazione, dell’ennesima ventata repressiva che si concretizza durante un’assolata primavera fiorentina.

La montatura poliziesca parla dell’annientamento di una pericolosa cellula anarcoide, resasi protagonista di innumerevoli reati contro persone e patrimonio, stroncata giusto in tempo, ossia prima che potesse entrare a pieno titolo nel misterioso mondo dell’anarco-insurrezionalismo. Tale tesi è sostenuta e avvalorata dal sequestro di una gran quantità di materiale potenzialmente pericoloso.

La realtà, per fortuna lontana anni luce dalle farneticazioni di giornalisti imboccati a dovere dalla questura, racconta una composizione estremamente eterogenea dei compagni fermati, che appartengono a realtà diverse, diversamente caratterizzate. Compagni che hanno però saputo prescindere da etichette troppo strette per essere calzanti, che hanno saputo autorganizzarsi in maniera consapevole e determinata, che sono stati in grado di dare vita ad una mobilitazione studentesca la cui presunzione è stata quella di voler incidere, per una volta, in processi decisionali di palazzo troppo distanti da una quotidianità fatta di precariato, ingiustizia e rabbia. Le pratiche utilizzate sono state dettate da una frustrazione finalmente non più repressa, e sono quelle che da sempre accompagnano mobilitazioni popolari che si rifiutano di accettare l’appagamento fittizio che accompagna le sfilate rituali. Blocchi stradali, cortei non autorizzati e occupazioni non sono stati atti vandalici fini a se stessi: sono al contrario azioni che mirano a condizionare il presente, che esprimono la voce di chi è disposto a mettersi in gioco nella costruzione della società che desidera, anche commettendo un reato. Affrontare la combinazione giustizia-legalità è il primo passo di questo cammino: destrutturarla significa ammettere che la legge è scritta dall’autorità, che ne dispone a proprio piacimento condannando il giusto ed ufficializzando la prevaricazione; è per questo motivo che non dobbiamo vergognarci di non obbedirle mentre pretendiamo i diritti che ci sono dovuti.

Non deve sorprendere, di conseguenza, che il tentativo di voler influenzare la realtà, contro interessi e organismi grandi come montagne che al contrario cercano di isolarla, venga così duramente punito. Ma nessuna consapevolezza può giustificare la mancanza di stupore di fronte ad un castello accusatorio delle dimensioni di quello costruito dalla questura fiorentina. La sproporzione tra accuse e provvedimenti è talmente palese, come d’altronde confermano gli atti ufficiali e le dichiarazioni degli stessi questurini, che l’unica motivazione plausibile sembra essere quella di un processo alle intenzioni in grande stile. Interrompere un percorso, intimidire per arginare processi di crescita politica personale, mostrarsi in tutta la propria potenza e meschinità: sono queste probabilmente le giustificazioni a cui un’operazione del genere fa capo e che la rendono ancora più pericolosa. È per questo che chiunque possieda un briciolo di sensibilità ha obbligo di sentirsi toccato direttamente, perché il meccanismo disciplinare non aspetta di trovarsi di fronte a fatti computi per entrare in azione, ma al contrario rilancia e anticipando la proprie mosse pretende di entrare direttamente dentro le teste per correggere il pensiero malato. Oggi è toccato a “pericolosi” anarchici, domani forse potrebbe essere il turno di tutti coloro che rifiutano di obbedire, omologarsi e rinunciare in partenza alla propria capacità critica.

Il tentativo di bloccare un percorso personale coincide in questo caso con l’aggressione ai rapporti sociali che i singoli intraprendono: lo dimostrano il reato associativo, capo di accusa principale, e la faziosità con cui sono stati allegati al fascicolo le trascrizioni delle intercettazioni. Il principale imputato è il rapporto sociale, sano, costruttivo e non metodicamente programmato, che viene corroso e disgregato in favore di relazioni sterili e impersonali.  Da una parte quindi si puniscono i membri riconducibili ad una realtà circoscritta ed i loro rapporti individuali, dall’altra si provano addirittura ad isolare da persone e realtà che potrebbero essere potenzialmente solidali, attraverso la sapiente semina di un odio ipocrita, costruito a tavolino.

Solidarietà è una parola di cui si abusa, mai a sproposito, in casi del genere. Solidarietà in questo caso significa in primo luogo instaurare connessioni su molteplici livelli che devono, con la loro tela, inibire la violenza dell’aggressione che stiamo subendo. Per il resto, continuiamo sereni, senza la vergogna di cui ci vorrebbero far portatori, a percorrere il cammino che abbiamo intrapreso, convinti che le cadute sono fatte per rialzarsi.

COLLETTIVO D’AGRARIA

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Elezioni Universitarie 2011

Quest’anno le elezioni si svolgeranno nei giorni 6-7 Aprile, per informazioni su luoghi e modalità di voto vi rimandiamo al link dell’università.
Il collettivo è candidato in consiglio di facoltà e in alcuni consigli dei corsi di laurea.

VOTA E PARTECIPA AL COLLETTIVO!!

SCARICA IL NOSTRO MATERIALE  INFORMATIVO:

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Solidarietà a chi Sciopera!

 

Esprimiamo piena solidarietà alle lavoratrici ed ai lavoratori in
Appalto dell’Università oggi in sciopero di 2 ore (la prima e l’ultima
della giornata), per i ritardi nella consegna delle buste paga e per
l’assenza di un confronto sull’organizzazione del lavoro da parte delle
ditte.

Oltre a questi problemi i lavoratori  hanno sollevato una
questione ancor più importante, quella delle relazioni con l’Università.

Le lavoratrici ed i lavoratori in appalto svolgono
esclusivamente mansioni per l’Università: sono le persone che puliscono
i locali e che svolgono quotidianamente il servizio di portineria. La
logica vuole che l’Università gestisca direttamente questi servizi, ma
la realtà è ben diversa: questi servizi sono svolti da dipendenti di
ditte esterne, cioè salariati del settore privato

 

Ecco i motivi per i quali l’Università ha effettuato questa discutibilissima scelta:

  1. i lavoratori in appalto non godono giuridicamente delle
    tutele dei dipendenti pubblici. Un esempio recente di tale disparità di
    trattamento è stata la chiusura dell’Università il sabato. Mentre i
    dipendenti pubblici hanno subito una riorganizzazione degli orari lungo
    i restanti cinque giorni, in modo da non perdere ore, i lavoratori in
    appalto hanno semplicemente perso una giornata di lavoro e, dunque, una
    giornata di stipendio in meno a settimana. Oltre a questo, godono
    mediamente di salari più bassi;
  2. l’appalto è un contratto che l’Università stipula con
    una ditta esterna. Qualsiasi decisione dell’Università riguardante
    l’organizzazione del lavoro si riflette automaticamente sulla
    condizione di questi lavoratori senza che essi possano metter bocca o
    aprire un tavolo di trattativa con l’Università. L’ipotesi “estrema”
    della revoca (o della non riconferma) del contratto di appalto
    costituisce una spada di Damocle che pende sulla testa di questi
    lavoratori e li rende estremamente ricattabili. L’Università in questo
    modo si garantisce una flessibilità decisionale senza limiti, lasciando
    alla ditta, in modo pilatesco, il compito di gestire il conflitto con i
    dipendenti e di organizzarne il lavoro.
  3. il processo di esternalizzazione dei servizi pubblici è
    un fenomeno storico in divenire, avviatosi prepotentemente in Italia
    negli anni ‘90. Esso si basa sul postulato neo-liberista per cui
    ”privato è meglio”. Poiché non siamo nella scatola di Edgeworth dove
    tutti sono uguali e felici, ma in una società divisa in classi,
    possiamo dire che tale processo va a tutto vantaggio del grande
    capitale che può accaparrarsi fette di mercato in condizioni
    monopolistiche semplicemente subentrando alla gestione pubblica dei
    servizi. Il risultato è un palese peggioramento delle condizioni di
    lavoro ed un peggioramento del servizio, improntato ad un criterio di
    profittabilità più che di utilità.

Il sistema degli appalti garantisce ai lavoratori un
peggioramento in termini di precarietà e sicurezza sul lavoro, accanto
ad un aumento del controllo e della ricattabilità. Individuando
nell’Università la controparte con cui trattare, i lavoratori svelano
l’assurdità del sistema degli appalti, ed il suo essere funzionale
all’approfondimento dello sfruttamento

SOLIDARIETA’ ALLE LAVORATRICI ED AI LAVORATORI IN APPALTO!

REINTERNALIZZAZIONE E STABILIZZAZIONE PER TUTTE/I!

Collettivo Politico di Scienze Politiche, Collettivo di Lettere e Filosofia, Collettivo di Agraria, Spazio Liberato 400 Colpi

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